TEDDY500STYLE
12/09/2018
"D'immagine si muore, ma di bellezza si vive": l'esperienza professionale di Cristiana Tadei
“Una donna, la gente, un brand”. Questo il titolo del convegno durante il quale Cristiana Tadei, Brand Manager di Calliope, ha raccontato la sua esperienza in Teddy, dalla scelta di impegnarsi nell’azienda di famiglia fino al “fare proprio” il Sogno di Vittorio, capendo ogni giorno di più il compito della seconda generazione.
La scorsa settimana Cristiana Tadei è intervenuta al Meeting di Rimini, il festival culturale di incontri, mostre e spettacoli più frequentato d’Europa, invitata a parlare della sua esperienza professionale di donna, imprenditrice e mamma.
La platea si è presto riempita per ascoltare la storia di Cristiana, che con sincerità ha raccontato la “sua Teddy”, attraverso un percorso professionale ed umano “normale”, ma allo stesso tempo caratterizzato dalla passione e dalla curiosità. A cominciare dalla confessione che da ragazza lei, in Teddy, non aveva alcuna intenzione di lavorare.
Riproponiamo alcuni passaggi del suo intervento di Cristiana.
“Sono qui perchè la mia storia normale di lavoratrice, mamma e donna forse potrà aiutare e incoraggiare chi si trova a dover fronteggiare decisioni complesse. Cosa c’entro io con la Teddy? La Teddy è l’azienda che ha fondato mio padre. Dopo la scuola, io a tutto pensavo tranne che a lavorare lì, un po’ per sfinimento, un po’ perchè non mi ero ancora posta il problema del “dopo”. Mi sono iscritta a giurisprudenza a Milano, finita l’università ho semplicemente iniziato a seguire alcuni indizi che la realtà mi suggeriva.
A Milano incontro Alessandro, quello che poi diventerà mio marito e dopo la laurea per la prima volta prendo sul serio l’idea di fare i conti con quello che c’è: volevo sposarmi e tornare a Rimini. In un dialogo con mio padre decido che la realtà dell’azienda mi incuriosiva e dopo un master di 12 mesi inizio a lavorare in amministrazione.
Oltre ad andare dietro a quei piccoli indizi, mi sono sempre fatta guidare da quella che ho scoperto essere la mia attitudine, ossia un amore particolare per la bellezza, l’armonia, l’ordine: sono sì figlia di un padre imprenditore, ma anche di una madre stilista. Così successivamente ho accettato la sfida di prendermi la responsabilità dell’immagine dei marchi, di Terranova prima e di Calliope poi.”
“E’ solo entrando nella trama della quotidianità dell’azienda che mi sono appassionata sempre più di Teddy, in particolare mi hanno affascinato alcuni aspetti in particolare.
Il primo è che la Teddy può essere per me, come per ognuno di noi, il luogo dove realizzare i propri sogni, mettendolo a cavallo di quello dell’azienda. In Teddy si tenta di favorire un’ imprenditorialità diffusa, puntiamo sul desiderio che ciascuno ha di costruire qualcosa di grande, di bello, di utile per sé e per il mondo. Ognuno ha da noi la possibilità di concepire il proprio lavoro, non appena come fare delle cose, ma come se l’azienda fosse la propria. La Teddy è nata e cresciuta sulla fiducia nei confronti delle persone perché ogni uomo è un creatore. Basta dargli fiducia e quello si muoverà.
Siamo coscienti che ciò che cambia la nostra azienda, ciò che la muove, non sono i processi (che ci vogliono) non sono i sistemi perfetti (che tanto non esistono), ma prima di tutto è una persona accesa nella sua imprenditorialità, nella sua creatività, nella sua responsabilità. E’ questo che fa muovere l’azienda.
Così ho messo le mani in pasta in prima persona, con tutto il rischio di sbagliare, ma mettendo il io accento, la mia “virgola” in quello che facevo.
Mio padre Vittorio, che era un uomo di sostanza e non di apparenza, ci diceva sempre che “d’immagine si muore”, ma la nostra sfida oggi è che di immagine si può morire, ma di bellezza di vive, si rimane feriti e rapiti. Così partendo dalla mia educazione alla bellezza ho accettato la sfida di Calliope, prendendomi la responsabilità di un marchio intero."
"Un altro aspetto è quello che le mie passioni possono fare la differenza: per mio padre era importante il fine ultimo dell’azienda, il Sogno. Scherzando, dicevamo che per lui fare bulloni o vestiti era la stessa cosa, l’importante è creare occupazione, aiutare gli altri, dare un senso alla propria vita tramite il lavoro. Per noi è diverso, non faremmo mai bulloni! Siamo coscienti che il fine ultimo della nostra azienda, il Sogno, possiamo realizzarlo vestendo le persone e facendolo in un modo bello e che ci entusiasmi.
Infine mi ha sempre affascinato il fatto che Teddy è un luogo dove è possibile respirare un’umanità diversa. Mi ha sempre colpito il modo in cui mio padre trattava i suoi collaboratori: per lui erano più dei figli che dei dipendenti. Come ogni buon padre “lanciava” i suoi figli nel mondo, li sfidava su grandi imprese, li incitava a non accontentarsi delle cose piccole e soprattutto li ha fatti crescere tutelando prima il bene comune dell’azienda rispetto al proprio interesse personale.”
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