Cosa rende un semplice capo di tessuto colorato così affascinante e desiderabile? L'importanza di identificarsi con un'idea, di appartenere a una community, di avere valori comuni.
Ci sono “maglie da calcio” capaci di raccontare epoche intere. Pensiamo ad alcune divise che i più bravi definirebbero “iconiche”, capaci di diventare leggendarie e, al tempo stesso, di riportare in maniera chiara alla memoria alcuni anni pieni di dolce malinconia. Le maglie da gioco sono divenute con il tempo veri e propri oggetti di culto, capaci di trascendere il tempo e lo spazio. Pezzi rari, da collezione, perfetti per strategie di marketing e per arrivare al cuore dei tifosi più indefessi come a quello degli occasionali. Oggi si tratta del più profittevole degli strumenti di marketing a disposizione delle squadre di calcio, basti considerare che tra il 2007 e il 2012 i soli Real Madrid, Chelsea, Barcellona e Bayern Monaco hanno venduto 30 milioni di maglie.
Ma cosa ci accende un semplice capo di tessuto colorato da renderlo così affascinante e desiderabile? Ogni maglia da calcio rappresenta un’uniforme, un completo che cela spesso dietro di se un’identità, un'appartenenza, una storia. Ogni maglia racconta chi e quello che siamo, porta con sé un qualcosa di simbolico; diventa un oggetto su cui proiettiamo sogni, desideri, dietro cui nascondiamo alle volte idee politiche. Maglie che associamo a bandiere, a giocatori che sono diventati vere e proprie icone per intere generazioni, intere città: la mano alzata di Franco Baresi o le corse eleganti di Paolo Maldini in maglia rossonera, la linguaccia sfrontata di Alex Del Piero e l’eleganza di Andrea Pirlo con le strisce bianconere, le gambe marmoree di Javier Zanetti e la sicurezza di Giacinto Facchetti in maglia Inter. Senza dimenticare il viola impresso sulla pelle di Gabriel Batistuta e soprattutto il giallorosso che ancora vive nel petto di Francesco Totti. Giocatori capaci di rappresentare il desiderio di identificazione di milioni di persone, fenomeni pop e popolari, icone di sport che attraverso le loro gesta hanno reso le maglie indossate l’oggetto del desiderio di persone di ogni età. Un ruolo sociale, quello svolto dalle bandiere e dalle rispettive maglie, che creano un senso di appartenenza e legame con una comunità viscerale, fatto di valori e desideri da alimentare.
Valori e sogni che sono parole chiave per gli sportivi, gli appassionati e chi, come noi di Teddy, fa di questi concetti parte integrante del proprio modo di intendere il lavoro e il rapporto tra dipendenti e azienda: l’importanza di identificarsi con un’idea, di appartenere a una community, ad unificarsi in valori comuni.
È proprio questo legame tra persone, icone, identità e stile che rende le maglie da calcio un territorio ancor più affascinante, in cui trovano sintesi l’alto e il basso, la ricerca scientifica e i fenomeni più pop. In fondo, un mondo non troppo lontano e dissimile da quello della moda, soprattutto se parliamo di quella alla portata di tutti. Pensiamo, ad esempio, al successo ottenuto da realtà come Classic Football Shirt. Si tratta di due amici che nel 2006, con il Mondiale alle porte, decidono di ricercare ossessivamente la preziosa e inimitabile maglia della Germania unita post crollo del muro di Berlino. La casacca bianca, con le tre righe adidas sulle spalle e i colori della bandiera che tagliano il petto è il motivo per cui oggi centinaia di persone ogni giorno accedono alla sezione dei “classici” del sito per ritrovare un ricordo, un pezzo di memoria, una maglia dal significato marcato. Una sorta di Wikipedia delle maglie da calcio, ma che con il tempo è diventato un business ultra remunerativo, che ha uno stretto legame con il nostro paese. Perché se tutto nasce alle porte del fortunato mondiale tedesco del 2006, il consolidarsi del business deve parte del proprio successo alla paziente forza investigativa di questi due amici inglesi, vogliosi di trovare una sorta di Sacro Graal del collezionista: uno stock di materiali contenuto in un magazzino appartenente all’Ac Milan, con all’interno circa 30000 oggetti che vanno dalle maglie numero 7 di Shevchenko ai pantaloncini numero 32 appartenuti a David Beckham. Nel tempo il business è diventato talmente ampio da portare Classic Football Shirt a comparire come sponsor – primario o secondario – sulle maglie di Burnley, Parma e Sheffield Football Club, il club più antico del mondo.
Maglie da calcio che servono a raccontare la propria fede, non solo calcistica ma anche politica. È il caso della divisa del Corinthians data 1977, anni di Democracia Corinthiana e di Socrates, ma anche delle divise del St.Pauli che dell’attivismo, del supporto ai rifugiati politici e dell’opposizione all’estremismo di destra ha fatto un proprio vanto. Dal Brasile alla Germania passando per il Regno Unito dove la maglia della nazionale inglese vede il proprio portato stare su di un filo identitario che bascula tra il pericolo del nazionalismo alla passione del mondo musicale, certamente ben più inclusivo, di artisti come Damon Albarn dei Blur o Bernard Sumner dei New Order.
Questo legame antico tra musica e calcio, e in senso più ampio tra maglie da calcio e fenomeni più o meno pop, si è esteso nel tempo: in principio furono Bob Marley con la maglia del Santos, Michael Jackson con la casacca del Nizza e i Rolling Stone e quel concerto torinese in maglia azzurra durante il live di Torino; poi arrivarono Manchester e a seguire il brit pop a legare il mondo “football casual” con la musica. Al principio degli anni ‘10 del 2000 è stato invece Paul Kalkbrenner, anche grazie al suo successo del periodo, a riportare in voga tra un pubblico di massa la “moda” delle maglie da calcio, da indossare soprattutto se vintage, tanto da arrivare alla collaborazione con il marchio COPA per la realizzazione di una football shirt dedicata. Oggi, anche attraverso l’amplificazione dei trend di TikTok, questa tendenza ha preso il nome di Bloke Core, resa famosa dall’utilizzo delle shirt calcistiche anche da parte di personaggi famosi e ultra-pop come Kim Kardashian e Chiara Ferragni.
Da un punto di vista più squisitamente legato al campo da calcio, negli ultimi anni grandi club come Manchester City e Marsiglia hanno voluto omaggiare la storia musicale delle rispettive città dedicando le proprie terze maglie alla scena danzereccia e psichedelica dell’Hacienda una e all’hip hop che si può sentire risuonare per le vie scoscese di Marsiglia l’altra. Quello stesso hip hop che ha rilanciato nuovamente il trend delle maglie indossate durante i live o per strada, generando una vera e propria ondata di emulazione a seguito delle apparizioni in maglia da calcio dei vari Drake, Pusha T, Stormzy, Tyler the Creator, Snoop Dogg. Senza considerare operazioni commerciali come la collaborazione tra Marcelo Burlon - con un marchio molto amato in campania – e il Napoli, quasi a creare un nuovo livello al connubio tra sport, e più propriamente calcio e fenomeni altri.
Un fatto di identità, certo, di legame con le persone e la società ma anche di business.