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Il mondo dell'AI: da quando Matrix è diventata più affascinante della realtà?

L'intelligenza artificiale è uno dei temi più dibattuti degli ultimi anni, suscitando reazioni sia di entusiasmo che di timore. Da un lato, le sue potenzialità sembrano infinite, dall'altro, il suo sviluppo solleva parecchi interrogativi. Da Chatgpt, a Meta AI, alle recenti immagini create nello stile dello Studio Ghibli, l'intelligenza artificiale è parte ormai della nostra quotidianità: una vera e propria rivoluzione.

11/04/2025
  • AI
  • FUTURO

Parlare di Intelligenza Artificiale significa interrogare due facce della stessa medaglia, due aspetti che convivono nell’uso complessivo che ognuno di noi fa della nuova tecnologia a disposizione della nostra creatività. Da un lato c’è la promessa di una semplificazione e supporto della conoscenza e della ricerca; dall’altro ci sono i rischi che quella stessa semplificazione e accessibilità innescano per chi le adotta. Parlando di AI, dunque, la domanda più interessante da porre è sullo strumento in sé o sull’uso che intendiamo farne? 

Per comprenderlo pienamente, senza dare il via a schieramenti contrapposti, proviamo a usare le parole di Padre Benanti, esperto di etica e Presidente della Commissione sull’intelligenza artificiale delle Nazioni Unite, secondo cui l’AI può essere un «moltiplicatore di sapere, per avvicinare e ridurre le distanze tra le persone, ma anche il peggior sistema di ingiustizia e di differenziazione sociale».

Non c’è modo di garantire quale dei due aspetti possa essere privilegiato rispetto all’altro, dunque, senza tenere in considerazione l’uso che ciascuno decide di farne.

Il timore che l'intelligenza artificiale possa portare alla perdita massiccia di posti di lavoro è un tema ricorrente: l'automazione e l'introduzione di tecnologie sempre più sofisticate rischiano, infatti, di ridurre il numero di ruoli tradizionali, mettendo la persona in secondo piano. Saranno le aziende a scegliere quale strada percorrere e se utilizzare l'AI in modo da non escludere il valore umano ma, piuttosto, integrarlo e rafforzarlo. Noi di Teddy abbiamo fatto proprio questa scelta. 

L’AI, così come ogni supporto tecnologico che l’ha preceduta, è al nostro servizio, ma perché questo sia possibile, è necessario avere un obiettivo, una strada da percorrere. Come Gruppo il nostro obiettivo principale è la crescita e la valorizzazione della persona. Rispondiamo a questa che per noi è una vera e propria mission, attraverso la moda che proponiamo con i nostri brand e con una visione della vita in azienda che ruota attorno alle esigenze e ai desideri di ciascuno. Prendendo ancora una volta in prestito le parole di Padre Benanti, «l’AI imita il nostro modo di fare e per questo ci sembra intelligente». È evidente quindi che per sfruttare al meglio l'intelligenza artificiale bisogna puntare proprio su questa visione umanistica, la dimensione ideale in cui la persona si educa - e non addestra come una macchina - alla bellezza, alla responsabilità etica e al sogno. Un sogno inteso come il desiderio di ampliare sempre più il proprio orizzonte, per tenere accesa la scintilla che consente la vera creazione artistica, di cui, a quel punto, anche l’AI può diventare un valido supporto. 

Ogni rivoluzione tecnologica ha comportato reazioni di chiusura e di apertura, ma un aspetto interessante della questione, come spesso precisa Padre Benanti, è quanto in realtà sia l’uomo, da quando è avvenuta la sua comparsa sulla Terra, ad essere l’agente stesso della trasformazione tecnologica. Che si tratti di inventare la ruota, o un algoritmo in grado di semplificare lo studio della genetica umana, l’elemento umano e quello tecnologico sono indissolubilmente collegati dalle origini. Il pensiero creativo e l’approccio costruttivo verso la realtà, hanno da sempre spinto le persone ad immaginare modi sempre nuovi di interazione, conoscenza e controllo, in cui la tecnologia, oggi digitale, prima meccanica, è lo strumento al servizio dell’utente che lo adopera.

Non esiste AI “cattiva” finché lo sguardo che la sceglie è votato ad uno scopo positivo: dalla curiosità, allo studio e finanche all’intrattenimento. Benanti stesso cita l’AI come utilissimo supporto alla conoscenza, ma anche questo aspetto sottende una domanda: come fa l’AI a conoscere?

Ed è qui che torniamo alle divertenti immagini dello Studio Ghibli: certo, potremmo parlare di come Chat Gpt in questo caso abbia sminuito il valore artistico di quel modo iconico di disegnare le animazioni: ma è da quando esiste che l’arte ammette, non la replica, ma l’ispirazione. Il tema più interessante è quanto l’AI utilizzi le nostre scelte per imparare, per conoscere e quindi essere al nostro servizio nel modo più efficace possibile. Ancora una volta, l’uso che facciamo dello strumento fa la differenza sulla capacità di quest’ultimo di rispondere alle nostre esigenze. 

Cosa scegliamo di creare, quindi, avvalendoci dell'intelligenza artificiale? Le strade sono numerosissime e tutte hanno a che fare con la storia che scegliamo di raccontare. Davanti ad ognuno di noi si apre un bivio: sulla falsariga della scelta di Neo in Matrix, tra pillola rossa e pillola blu, noi siamo chiamati a usare la tecnologia per conoscere e raccontare la realtà, o, al contrario, per nasconderla, creando una versione fittizia della nostra storia. 

Un'ulteriore riflessione, poi, scaturisce dal binomio rivoluzione - cambiamento. Immaginare un tempo immobile, immutabile, sarebbe effettivamente impossibile, ma la vera domanda è: sarebbe desiderabile? La nostra storia è fatta di continui cambiamenti e solo uno sguardo aperto a questa possibilità è in grado di abbracciare la realtà contemplando anche le imperfezioni, oltre i traguardi e le vittorie. Si tratta di un passaggio fondamentale perché è l’unico che consente di usare qualunque strumento tecnologico non come un filtro sulla realtà, ma come un supporto alla narrazione di una storia in continua evoluzione.

Noi siamo il miglior addestramento per l’intelligenza artificiale proprio per la nostra capacità di cambiare e di evolverci, di imparare, scommettere, desiderare, sbagliare e raccontare. Il volto della persona e la sua unicità sono il vero motore dell’AI, ed è su quello che abbiamo deciso di scommettere, ancora una volta. 

Del resto, cos’è l’AI se non un prodotto dell’intelligenza umana e della sua libertà? Sarebbe folle sfruttarla proprio per comprimere, ridurre quest’ultima. Noi, sicuramente, la viviamo come strumento di libertà. Come canta Jovanotti: «Noi siamo l’elemento umano nella macchina e siamo liberi sotto alle nuvole».