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La sostenibilità in Teddy: un approccio trasparente e integrato

Luca Galvani, Head of sustainability di Teddy dal febbraio 2019, ci racconta l’approccio strategico dell’azienda in fatto di sostenibilità

31/07/2024
  • SOSTENIBILITÀ
  • CULTURA AZIENDALE

Quali sono stati i primi passi dell’impegno di Teddy nell’ottica di una visione sostenibile?

Da quando è stato creato l’ufficio sostenibilità, grazie ad un commitment molto forte della proprietà e dell’amministratore delegato, abbiamo iniziato un percorso di cui siamo stati precursori, fondato sulla stima di una crescita futura del business, nella consapevolezza degli impatti sociali e ambientali che genera il nostro settore. Da lì siamo partiti, definendo l'approccio strategico, dotandoci di protocolli, delle policy necessarie, delineando le priorità, come quella della conformità agli standard internazionali in materia di social compliance, su cui il nostro settore genera un forte impatto. Successivamente abbiamo dato priorità all’introduzione di materiali maggiormente sostenibili nelle collezioni, nell’ottica di un minor impatto ambientale, come la riduzione dell’utilizzo di sostanze chimiche nella filiera produttiva.

Il nostro è un approccio strategico alla sostenibilità che io chiamo integrato perchè agisce sia internamente che esternamente, soprattutto laddove avvengono i processi produttivi che generano emissioni, che necessitano di analisi ed efficientamento, avendo sempre come obiettivo la mitigazione e, se possibile, l’annullamento degli impatti. Infatti, è importante sottolineare, che un’azienda da sola, per quanto convinta, decisa e lungimirante nelle proprie azioni, non può cambiare le cose. C’è bisogno di uno sforzo collettivo che passa da tutta la filiera produttiva, dai fornitori, ma anche da una maggiore sensibilizzazione dell’opinione pubblica rispetto al tema. Noi in Teddy usiamo l’espressione “Everyone can” per intendere che davvero tutti possono fare la propria parte e che ogni tassello individuale contribuisce in modo decisivo alla costruzione del mosaico.

 

Che ruolo ha giocato il fattore culturale?

Direi che è stato l’aspetto fondamentale: abbiamo impostato un forte engagement interno, basato sulla formazione, nel corso degli anni, di tutte le persone che lavorano in Teddy, per sensibilizzarle sull'importanza strategica della sostenibilità.
Siamo partiti prima dell’arrivo delle normative e oggi nell'azienda tutti parlano di sostenibilità, ogni dipartimento ha dei suoi specifici KPI sul tema. Adesso navighiamo tutti insieme nelle acque della sostenibilità, abbiamo costruito una barca solida, ma per arrivare dall’altra parte dell’oceano il percorso è ancora lungo. Quando si parla di sostenibilità, non intendiamo solo quella ambientale e sociale, ma anche quella economica: la capacità, cioè, di costruire un’azienda capace di durare nel tempo, attraverso la creazione di valore duraturo e condiviso. E questo si ottiene anche lavorando sulla mitigazione degli impatti che il nostro settore genera. Inoltre, bisogna anche dire che questo approccio è stato innestato in una realtà dalle radici già molto solide nell’ambito dell'impegno sociale e della sostenibilità economica. Il sogno di Vittorio è un manifesto che di fatto anticipa la sostenibilità sociale per come la intendiamo oggi e contiene valori afferenti alla sostenibilità economica, come la creazione di occupazione o l’ambizione di durare a lungo nel tempo. Il retroterra culturale, dunque, era già pronto ad accogliere una visione ambiziosa e di lungo periodo. E questo ha aiutato molto.

 

 

Come combattere il rischio di greenwashing?

Abolire tutte le affermazioni che non sono provabili o vaghe è stata una parte fondamentale della formazione, per evitare il rischio del greenwashing. A mio avviso, noi siamo credibili perché stiamo facendo tutto quanto è possibile per essere concreti e per provare ciò che diciamo, grazie al supporto e alla partecipazione dei collaboratori interni ma anche dei fornitori. Questa è una pietra miliare del nostro sforzo: dobbiamo essere sinceri e trasparenti.  Abbiamo costruito un percorso con obiettivi concreti, misurabili e raggiungibili.

 

In che senso la sostenibilità può diventare un valore aggiunto per un’azienda?

L’approccio sostenibile non deve essere visto come un obbligo normativo, bensì come un’opportunità di creazione di un grande valore aggiunto: non solo culturale (e in Teddy lo sentiamo molto), ma anche concreto. Infatti, il mercato è sempre più educato al tema e premierà i brand più virtuosi. Verranno penalizzati invece, coloro che non saranno in grado di presidiare le proprie filiere in un’ottica sostenibile. La sostenibilità non è un costo, ma un investimento. Il fattore differenziante è avere una visione strategica a lungo termine che ti metta in condizione di raggiungere obiettivi concreti e tangibili. Questo ti rende credibile sul mercato. E per far questo bisogna investire.