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Scoprendo Teddy, un poco alla volta

Prima di entrare in Teddy dove ha contribuito a strutturare l’ufficio personale, Fabiana lavorava presso una consulente del lavoro che aveva tra i propri clienti anche l’azienda d’abbigliamento riminese. Da dentro i valori che aveva intravisto come fornitore si sono confermati più potentemente.

19/02/2024
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Ci sono amori e simpatie che nascono a distanza, lentamente. La storia di Fabiana Urbinati con la Teddy riflette questa dinamica. Dal 2001 al 2012 è felicemente impiegata presso una nota società di consulenza del lavoro di Rimini. Sono diverse le aziende che segue e tra questa spicca anche Teddy che al tempo ha 800 dipendenti e agli occhi di Fabiana si imprime, oltre che per le dimensioni, per un certo modo di fare e pensare. 

Mai si immaginerebbe che un giorno sarebbe finita a lavorare lì dentro. Invece è quello che accade. Nel 2012 Teddy decide di internalizzare l’ufficio paghe proponendo a Fabiana di assumerne la responsabilità e di entrare in azienda come dipendente. “L’idea mi entusiasmava, mi onorava – ricorda – però mi spaventava anche perché si trattava di lasciare quella che era stata la mia casa per 11 anni”. Dopo essersi confrontata con i colleghi e la titolare dello studio, si convince e decide di accettare. È convinta anche se il cuore non è proprio leggero; alla curiosità e voglia di fare si lega inevitabilmente la paura per il cambiamento e il nuovo inizio.

In effetti l’impatto è forte. Orfana della precedente responsabile, Fabiana si ritrova catapultata in un’azienda dove tutto cambia in fretta e non è mai semplice tenere il passo, soprattutto per chi fa un lavoro come il suo dove norme, protocolli e procedure da rispettare impongono a lei e alle sue colleghe di interpretare un ruolo certamente scomodo. “All’inizio – racconta e sorride – non eravamo proprio ‘amate’ da tutti: per fare bene il nostro lavoro spesso eravamo costrette a dare regole e paletti, che inevitabilmente spegnevano gli entusiasmi di chi voleva partire in quarta con un progetto o con la creazione di un nuovo team. Ogni tanto ci danno ancora delle “burocrati”, però dopo tutti questi anni so per certo che siamo molto apprezzate per quello che facciamo”.

A ciò si aggiunge anche un altro aspetto, sicuramente più piacevole, che Fabiana ricorda dei primi anni. “Quando da consulente elaboravo i cedolini paga per la Teddy ormai avevo imparato a conoscere il cognome di tutti anche se ignoravo chi fossero queste persone”. Piano piano invece inizia ad associare a ciascun nome una persona, e lentamente l’associazione diventa poi anche un rapporto di conoscenza, l’occasione di vivere più da vicino, quel modo di fare e pensare che aveva intravisto anni prima come consulenza esterna. “Oggi l’azienda è cresciuta molto, dagli 800 dipendenti interni si è passati a oltre 3000, eppure vedo una conduzione familiare in quella che è a tutti gli effetti una multinazionale. Le persone non sono solo un numero ma c’è un'attenzione reale che ho potuto sperimentare e mi fa sentire valorizzata, presa in considerazione”. Infine quel Sogno che non passa inosservato e per Fabiana è un fattore di crescita. “Stare in Teddy mi ha aperto la mente e fatto capire cose che da sola non avrei compreso. Vedere lavorare tante persone con fragilità, fisiche o sociali, è una soddisfazione. Quando le incontri capisci quanto ci voglia poco per fare del bene, per sostenerle. Basta una relazione fatta di stima e di responsabilità affinché si possa ripartire e fare un’esperienza di lavoro piena e soddisfacente. Come diceva Vittorio Tadei, il fondatore del Gruppo Teddy, “Ogni uomo è creatore se gli dai fiducia”.