belong to history
Vestire il mondo di bellezza: una storia di famiglia, un'eredità di senso
Due visioni, un’unica intenzione: Emma e Cristiana Tadei raccontano cosa significa oggi vivere e trasmettere la bellezza, tra ricordi familiari, lavoro quotidiano e responsabilità condivisa. Una riflessione profonda sul purpose aziendale come leva educativa e umana.

«È possibile vestire il mondo di bellezza? La risposta che ci stiamo dando è sì, a patto che ognuno di noi scopra ed esprima la propria idea unica di bellezza».
È da questa riflessione che si è sviluppato il fil rouge dell’ultimo Teddy Happening, l’appuntamento annuale che coinvolge persone provenienti da tutta l’azienda in un momento di ascolto, dialogo e visione. L’occasione è stata anche quella di condividere il nuovo purpose aziendale (“Vestire il mondo di bellezza e accoglienza, favorendo la realizzazione personale”), con un particolare focus sul concetto di bellezza – non come semplice affermazione di intenti, ma come invito concreto a interpretare, vivere e agire la bellezza in tutte le sue forme.

Per dare voce a questa visione, sono salite sul palco due persone speciali: Emma e Cristiana Tadei, figlie del fondatore Vittorio Tadei e rispettivamente Presidente T&M Holding e Art Director & Responsabile Comunicazione Calliope, protagoniste attive nella vita e nell’evoluzione dell’azienda. Non solo condividono lo stesso contesto professionale, ma sono cresciute nella stessa famiglia, portando con sé un’eredità valoriale che intreccia lavoro, passione e senso del bello. Eppure, nonostante questo, anche in loro convivono visioni, interpretazioni della bellezza differenti.
A partire da una domanda tanto semplice quanto profonda – «Cos’è per te la bellezza?» – Emma e Cristiana, detta Chicca, hanno intrecciato ricordi personali, visioni complementari e storie di vita, in un racconto autentico che ha saputo restituire tutta la ricchezza di un concetto tanto universale quanto intimo e sfaccettato.
La bellezza quotidiana: fatta di cura, gesti, attenzione
«A me istintivamente viene in mente un bel paesaggio, un’opera d’arte, un gioiello, un bel vestito. Quando qualcuno ci mette passione, cuore, talento, viene fuori qualcosa di bello» – racconta Emma Tadei. «Ma per quanto mi riguarda, esiste anche un’altra bellezza, che è una bellezza più quotidiana, fatta di piccoli momenti, di gesti semplici. Ad esempio un saluto alla mattina quando ci si incontra e si inizia a lavorare, oppure un dettaglio nel lavoro quotidiano. Questa è una bellezza che non fa rumore, ma che lascia il segno».
La bellezza, per Emma, non è solo ciò che colpisce a prima vista. È anche ciò che passa inosservato, ma costruisce legami. È la bellezza silenziosa, fatta di relazioni sincere e attenzione ai dettagli. Una bellezza che parla di comunità.


Anche Chicca Tadei, a suo modo, mette al centro la relazione. Ma lo fa partendo da un’immagine familiare, calda e multisensoriale:
«La prima cosa che mi viene in mente è una tavola apparecchiata, in particolare la nostra tavola di Natale. È pensata per accogliere. Mi piace pensare a tutti quelli che la abiteranno, grandi e piccoli, curare i colori, la tovaglia, i piatti, i bicchieri. Per me la bellezza è qualcosa di armonico: un insieme di forme, suoni, colori, profumi. Non è solo estetica, ma attenzione, pensiero rivolto agli altri».
Due visioni solo in apparenza distanti. Entrambe raccontano di una bellezza che non si impone, ma si offre. Che non si misura, ma si trasmette. Una bellezza che vive nella cura, nella volontà di accogliere l’altro.
Sguardi che insegnano a vedere
A queste riflessioni, Emma e Chicca hanno affiancato due immagini simboliche. Ricordi personali che raccontano molto più di quanto sembri. Per Emma, è la fontana dei Quattro Cavalli, a Rimini:
«Stavo andando con il mio nipotino a vedere le Frecce Tricolori. A un certo punto mi prende per mano e mi dice che vuole vedere la fontana, perché “i cavalli spruzzano acqua dalle narici”. Ci sediamo sul bordo e mi dice: “Nonna, guarda: uno è stanco, uno è vecchio, uno è giovane - sembra un pony! -, l’altro è felice”. Sono rimasta stupita. Attraverso i suoi occhi ho visto per la prima volta quello che guardavo senza vedere. Questa per me è la bellezza: imparare a vedere ciò che non vedevo, grazie agli occhi curiosi di un bambino».

Uno sguardo che si rinnova attraverso un legame affettivo, che insegna a cogliere la poesia nascosta nella quotidianità. Un’epifania silenziosa che ci ricorda come la bellezza, a volte, abbia bisogno solo di occhi nuovi per essere riconosciuta.
Chicca, invece, porta con sé il ricordo delle pile di riviste che da bambina vedeva nel laboratorio della madre, creativa e appassionata:
«Mia mamma era una donna bellissima, ma soprattutto creativa. Era maestra, poi ha messo tutto il suo sapere al servizio dell’azienda. Abitavamo sopra il laboratorio e io scorrazzavo lì dentro come fosse un mondo magico. C’erano pile di riviste, libri, schizzi. Ricordo ancora il profumo delle riviste nuove: è quello della curiosità, del desiderio di immergersi in una nuova storia. Quando arrivava una nuova tendenza, come il liberty, lei studiava, leggeva, capiva. Poi creava il suo moodboard: un bottone, un filo, uno schizzo. Per me, questo era il suo modo di vivere la bellezza: non come forma, ma come immersione sensoriale e ricerca personale».

La bellezza di senso: un’eredità viva
Cos’è, dunque, la bellezza di senso? Non è solo una forma piacevole, né un risultato estetico. È una bellezza che ha significato, che è coerente con ciò in cui crediamo, che nasce da una visione, da un’intenzione profonda. È la bellezza che ci guida nelle scelte, quella che si fa responsabilità, coerenza, impatto positivo.
È anche l’eredità più autentica di Vittorio Tadei, il fondatore, la cui figura è emersa nei racconti con affetto e riconoscenza.
«Nostro babbo era tutto fuorché un uomo da copertina. Non gli importava apparire» – racconta Chicca. «Diceva che voleva fare una moda democratica. Ma aveva una capacità unica: quella di vedere il bello e il positivo anche nei momenti difficili. Ha costruito qualcosa di grande non per sé, ma per tutti quelli che volevano intraprendere questa avventura. E ci ha insegnato a essere portatori di una bellezza autentica, non stereotipata».

Emma aggiunge una dimensione ancora più concreta e quotidiana del rapporto col padre:
«Mi ha trasmesso la bellezza dell’organizzare, dell’intraprendere. Da piccola, nel giardino di casa dove passavano clienti, bancari, commerciali, io allestivo un banchetto con vecchi giochi e giornalini. Se una cosa non si vendeva, la settimana dopo abbassavo il prezzo. Perché lo vedevo fare da lui. Ma soprattutto mi ha insegnato che si può costruire un’impresa che fa profitti, certo, ma che restituisce una parte del valore creato ai più deboli. Questo per me è bellezza».
Una bellezza che si costruisce ogni giorno
Questa eredità non è solo memoria: è parte viva dell’azienda di oggi. Per entrambe le sorelle, la bellezza è un elemento quotidiano del lavoro, parte integrante di ciò che fanno, di come lo fanno e del perchè lo fanno.
«Per me Teddy non è solo un’azienda con un motore economico» – dice Emma – «ma un’azienda con un motore umano. Ricordo i viaggi con il team di Rinascimento nei primi anni 2000, nelle capitali della moda. Le alzatacce, i voli presi all’alba, le camminate fino a sera. Si cercava ispirazione, innovazione. E quando vedevi il capo che avevi disegnato passare dalle tue mani a quelle del cliente, sapevi di aver fatto centro. Oggi il mio mestiere è cambiato, ma la bellezza rappresentata dal sostenere le persone, giorno dopo giorno, nella sfida di interpretare un mercato difficile, quella rimane. È la certezza che ce la possiamo fare».
Per Chicca, la bellezza è anche visione creativa, capacità di raccontare, di comunicare:
«Nel mio lavoro la bellezza è un filo rosso che lega tutto. Dalle immagini agli allestimenti, dai materiali alle luci, dalle shopper ai cartellini. Tutto deve concorrere a parlare il linguaggio della bellezza. Ma per me, soprattutto, è la capacità di meravigliarmi. Quando qualcosa mi emoziona, so che emozionerà anche il cliente. È questo il nostro compito: creare equilibrio tra estetica ed emozione, in sintonia con chi ci sceglie».

Educare alla bellezza: una responsabilità collettiva
Le parole di Emma e Chicca non sono state solo una testimonianza personale. Hanno dato corpo a una consapevolezza più ampia: la bellezza ha un potenziale educativo. È un linguaggio che può ispirare, accogliere, guidare. È una responsabilità che ogni impresa può scegliere di assumersi.
«Ascoltandovi» – ha concluso il moderatore Daniele – «ho avuto chiara la sensazione che il lavoro di ricerca, scoperta ed espressione della propria idea di bellezza abbia una funzione educativa. E credo che questo sia un messaggio potentissimo. Un messaggio che vostro padre avrebbe sicuramente approvato, perché aveva ben chiaro il ruolo educativo che un’impresa può avere verso le sue persone e verso la società».
E allora sì: vestire il mondo di bellezza è possibile. A patto che ognuno, ogni giorno, scelga di coltivare la propria idea di bellezza, di viverla in modo autentico, di riconoscerla negli altri. È una chiamata all’azione silenziosa, ma concreta. È la sfida più ambiziosa, e più umana, che un’azienda possa porsi.