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Nulla è più indispensabile del superfluo: Pasolini incontra Oscar Wilde
Quando il consumo diventa conoscenza: Wilde, Pasolini e il valore di ciò che scegliamo, anche durante il Black Friday

“Di tutto conosciamo il prezzo, di nulla il valore”, con questa provocazione Oscar Wilde anticipava Pier Paolo Pasolini nella sua sempre attuale descrizione della società dei consumi: un mondo dove desideri, bisogni e necessità si confondono, e dove la spinta all’acquisto finisce per ridefinire il senso stesso delle nostre scelte. E ora, proprio quando il Black Friday si avvicina, e gli sconti rendono tutto ancora più appetibile, vale la pena di fermarsi e chiedersi: “Di cosa ho davvero bisogno?”
Questa domanda non serve solo ad affrontare l’esperienza di acquisto in modo consapevole e sostenibile, ma anche a vivere il rapporto con i brand, con la moda e i suoi trend come un dialogo vivo e curioso, in cui l’oggetto diventa un reale strumento di scoperta. Dopotutto, era proprio questo aspetto che Pasolini imputava alla società dei consumi: la capacità di schiacciare la persona, dandole l’illusione di avere libertà di scelta. Il mondo di Pasolini chiaramente non è il mondo di oggi, ma la sfida che proponeva è ancora valida e lo sarà anche in futuro. Per comprenderla al meglio, proviamo a guardare la realtà con gli occhi di Oscar Wilde.


Ciò che l’autore del Ritratto di Dorian Grey chiama “superfluo” non è semplicemente ciò che eccede il necessario, ma un territorio di libertà: uno spazio dove l’individuo esercita la propria capacità di scegliere, desiderare, immaginare. Il superfluo diventa così un’estensione del rapporto con il tempo, perché è nel tempo libero, non produttivo, che emergono i nostri desideri più autentici. Quando trasportiamo questa chiave di lettura nel presente, soprattutto nei momenti dell’anno in cui il consumo raggiunge il suo apice simbolico, il superfluo assume un valore quasi rivelatore. Non è più soltanto l’oggetto acquistato, il gesto effimero o l’eccesso stagionale: diventa un linguaggio attraverso cui esplorare la propria identità. Il superfluo, dunque, non come capriccio, ma come specchio: un modo per guardarci dentro e comprendere cosa desideriamo davvero e perché.
Pasolini, dal canto suo, temeva che il superfluo diventasse imposizione: un modello unico di felicità programmata, un “dover godere” che elimina la libertà di dire no. E se invece provassimo a guardare al consumo come qualcosa per cui siamo disposti ad attendere?
Il Black Friday è spesso visto come il momento dell’acquisto impulsivo, ma può essere anche l’esatto contrario: la conclusione di un anno di attesa, il momento in cui viene reso accessibile ciò che desideriamo davvero. In questo senso sì, nulla è più necessario del superfluo. Vivendo il consumo e lo shopping come scelta e non come automatismo imposto dai media o dal ritmo del mercato, in un certo senso, è come se ritrovassimo la nostra libertà.

Come Gruppo impegnato a vedere la moda come strumento di consapevolezza e conoscenza, ci interroghiamo spesso sulle esperienze di chi ci sceglie, soprattutto in occasioni forti e mediatizzate come il Black Friday. Perché, così come la vita in azienda è intrecciata a ciò che viviamo fuori dall’ufficio, anche un gesto pratico come l’acquisto è legato a chi siamo e a ciò che cerchiamo.
Quando l’acquisto non sostituisce il pensiero ma lo accompagna, quando il tempo libero non è riempito per dovere ma vissuto con intenzione, anche il Black Friday diventa un momento da osservare con curiosità. Ed è proprio questo sguardo – aperto, critico, creativo – a ricordarci che la vera sfida non è comprare o risparmiare, correre o fermarsi, ma capire chi siamo attraverso ciò che scegliamo.
E in una realtà come la nostra, che mette la persona al centro, questa non è una nota a margine: è una direzione.