belong to people
Imparare ad ascoltare il silenzio: First of all.. I'm Sara
Da una storia di ripartenza, all’amore per lo sport. La campagna della collezione active di Terranova.

Prima di tutto siamo persone, uniche, ognuna con la propria storia. Ognuna con una forza straordinaria, in grado di raggiungerci anche negli angoli più bui di noi stessi. Sara ha 29 anni ed è una modellista - cioè una delle persone che trasforma le idee creative in modelli e prototipi - di Terranova, uno dei brand del Gruppo Teddy, da 3 anni. La nuova collezione della linea Active dedicata al mondo dello sport è stata lanciata con una campagna che, da Rimini, porta il suo nome in tutto il mondo, perché è proprio la sua storia ad essere la protagonista. Davanti a noi c’era una pagina bianca e il desiderio di raccontare, attraverso la collezione una storia reale, in grado di parlare e interrogare le donne. E tra i corridoi dei nostri uffici, pian piano si è svelata Sara con la sua vitalità e la sua passione per la corsa. Ma per capire davvero come la storia ha preso forma, dobbiamo fare un passo indietro.


Immaginate una strada e poi immaginatevi mentre la state percorrendo. Quel che sentirete è l’entusiasmo, l’adrenalina, ma anche la fatica, la stanchezza. Ma c’è di più. Passo dopo passo, scoprite di aver conquistato un nuovo obiettivo, non ve l'ha chiesto nessuno, non fa parte di una tabella di marcia da seguire. Tutto è frutto di una scelta, di un dialogo con il vostro corpo, di un rapporto con voi stesse che vi ha portato a conquistare un traguardo. Piccolo o grande che sia, quel passo è vostro.
Lungo questa strada, Sara ha iniziato il suo percorso, un percorso fatto di cadute e ripartenze, di ombre e luci in lontananza in cui la corsa è diventata lo strumento di una rinascita, il mezzo attraverso il quale riconquistare parti di se stessa che rischiavano di perdersi. Un passo alla volta, Sara ha imparato un nuovo modo di guardare a se stessa riscoprendo il suo ruolo da protagonista nella vita. Ma per farlo, ha dovuto attraversare il silenzio e il buio.


Prima di iniziare a correre, Sara era una ballerina classica, lo è stata fino ai 19 anni quando la vita universitaria, lo studio, il desiderio di vivere a pieno un amore, per l’uomo che oggi è suo marito, l’hanno messa davanti ad una scelta. Il tempo non bastava mai e Sara, dopo anni passati in punta di piedi, ha appeso le scarpette al chiodo, subendo un cambiamento per cui, forse, non era pronta. «È stato un momento difficile perché non riuscivo più a riconosce il mio corpo, ho avuto una sorta di blackout totale che mi ha portato a perdermi» - racconta - «soprattutto rispetto al mio rapporto con il cibo. Per due anni ho sofferto di bulimia. Preoccupazioni, pensieri, mi avevano portata a spegnermi, continuavo a chiedere al mio corpo qualcosa che non poteva darmi». La corsa è nata per gioco, sembrava semplice e poteva correre ovunque, non c’erano parametri da rispettare, ogni passo era frutto di una scelta: «Mi sono detta ‘corro per liberarmi. Prima della corsa la mia liberazione avveniva attraverso la bulimia. Quel gesto corrispondeva ad un momento di svuotamento totale da ogni pensieri. Pensavo di star bene e non riuscivo a trovare niente che mi desse la forza di dire basta, quindi ho continuato così per quasi due anni. Non mi facevo aiutare da nessuno, i miei genitori lo hanno capito, ma non lo hanno riconosciuto subito perché ero brava a nascondermi, lo hanno visto con il tempo quando poteva essere troppo tardi. Poi un giorno mi sono guardata allo specchio e ho visto i miei occhi. Erano vuoti, persi e ho capito di non poter più andare avanti così». Quel gesto che sembrava tanto liberatorio si è avvicinato pericolosamente ad una situazione senza via d’uscita. Sara ha dovuto scegliere, ma la scelta in queste circostanze non è definitiva, non è una rivoluzione immediata. È un tentativo, piccolo, ma prezioso. «Ho detto proviamo. Ho fatto una camminata, poi ho iniziato a corricchiare, mi davo un obiettivo, magari un albero e ci correvo contro. Una volta, due, tre, da un gioco è diventata una passione. Mi veniva bene e il mio corpo mi seguiva. Da quel momento la consapevelozza che acquisivo ad ogni traguardo ha innescato la vera rivoluzione che è stata nel modo di guardare a me e al mio corpo. Ho scoperto anche un nuovo rapporto con il cibo, ho visto il mio corpo trasformarsi e ho visto il cibo diventare per la prima volta nutrimento vero per il mio corpo. Ho scoperto un’altra vita, fatta di valori e sapori, imparando ad amare attraverso le sfumature».
Poi Sara ha capito che quel gioco, quel trampolino di lancio per la sua vita, poteva diventare qualcosa di più e oggi, dopo aver investito sullo sport, essersi affidata ad un allenatore, ha iniziato a conseguire le prime vittorie, ad essere parte di un team e a spostare quegli obiettivi piccoli sempre più in là. Ma la vera vittoria è stata quella contro se stessa. «Ho iniziato a vedere in me un’energia e dei particolari nuovi. Prima ero focalizzata su quelli che percepivo come difetti, poi ho visto che potevo vincere con il mio corpo, così com’è, il mio corpo è il mio aiutante e ha bisogno di cibo, di riposo, quel che costruiamo, lo costruiamo insieme. I momenti no, ci sono ancora, ma guardando indietro mi sono accorta che stavo perdendo e invece ho desiderato vincere. Ho desiderato vincere contro i miei demoni e questo ha modificato tutto, anche il mio modo di intendere la bellezza. Quelle forme che prima non riuscivo a guardare, ora mi trovo a ringraziarle: le forme, i muscoli, anche la cellulite perché è bello guardarmi e dire ti voglio bene proprio come è bello condividerlo e riuscirlo a dire. Parlare a noi stesse è la cosa più profonda che possiamo fare, noi siamo protagoniste di tutto questo. Non dobbiamo rimanere nascoste, ma osare, osare senza aver paura del giudizio di nessuno perché la vita non torna indietro».


Sara testimonia non solo che la rinascita è possibile, ma che accade proprio laddove sentiamo il bisogno di fuggire: «Davanti a te c’è o il buio o la luce, a volte bisogna cadere, vedere il buio, piangere, stare in una stanza chiusa, vedere tutto in una prospettiva negativa ma attraversare quel momento. Imparare ad ascoltare il silenzio quando tutto sembra volerti distrarre. Sono 5 secondi in cui accade la possibilità di una vita nuova. Di una scelta che si presenta come un treno in corsa su cui salire il prima possibile».
Non importa quanto profondo sia l’abisso, non importa quanto vuota sia la stanza, piccola o grande che sia la circostanza dolorosa in cui ci troviamo, sono sempre quei 5 secondi in cui si gioca tutto, in cui la vita chiama, in cui appare una una strada, e l’entusiasmo, e l’adrenalina, e la fatica, e la caduta, e poi un passo nuovo. Uno alla volta, fino alla corsa verso un giorno nuovo.