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Altisensi: l'arte di allenare la creatività e sfidare i propri limiti
Lo fanno di mestiere, e ci hanno insegnato che la creatività non è un talento raro, ma una capacità umana che si può risvegliare, nutrire, allenare. Loro sono Altisensi. Due ragazze giovani, una visione potente. E un’intuizione che ci ha fatto riflettere su cosa voglia dire oggi crescere insieme, in azienda e nella vita.

“Il pensiero divergente è una competenza cognitiva trasversale che si sviluppa durante l’infanzia attraverso il gioco immaginativo.” Parte da qui il viaggio di Altisensi, nato per allenare quella forma di pensiero che, con il tempo, tende ad arrugginirsi, ma non si perde. “È un po’ come imparare ad andare in bicicletta da piccolini, non usarla poi per anni e ad un certo punto, con una buona dose di coraggio e qualche iniziale perplessità, rimontare in sella.”
Con questa immagine, Paola Maria Sala e Marianna Brescanin, fondatrici della realtà Altisensi, raccontano l’intuizione che ha dato vita al loro lavoro: la creatività può essere coltivata anche in età adulta, e diventa uno strumento potente di crescita personale e collettiva. “Una forma di pensiero, aperta al possibile e al non scontato, che invita a uscire dalla zona di comfort, a liberarsi di limiti autoimposti e a esplorare nuove modalità di espressione di sé.” La creatività, dunque, non è una risorsa destinata a pochi, né qualcosa che si perde con l’età, ma una capacità che possiamo risvegliare e allenare, come un muscolo. È questa l’idea che portano ovunque — nelle scuole, nelle associazioni, nelle aziende — e che ci hanno aiutato a fare nostra: la creatività può diventare un motore di crescita personale e collettiva, se le diamo spazio, se impariamo a non averne paura.
L’occasione per conoscerle è nata in Teddy 500, la nostra scuola d’impresa pensata per sviluppare consapevolezza e imprenditorialità diffusa tra le persone del gruppo. È qui che incontriamo Altisensi, e con loro qualcosa si accende. Paola e Marianna ci aiutano a guardare con occhi nuovi ciò che forse avevamo già dentro: che coltivare creatività in azienda non è un vezzo, ma un’urgenza. Soprattutto per chi, come noi, crede in un’azienda che sappia durare “500 anni”, perché capace di crescere con le persone.
“La prima parola che ci viene in mente per descrivere questi primi due incontri è libertà,” raccontano. “La nostra iniziale impressione è di un gruppo molto libero di esprimersi, i processi ideativi sono fluidi e la vivacità di ognuno è palpabile anche solo dopo pochi minuti di workshop.”

Curiosità, ascolto, disponibilità al non convenzionale. Altisensi trova in Teddy un’azienda capace di dare spazio al gioco come strumento relazionale e trasformativo. “Il gioco, quando è destrutturato e non giudicante, non è evasione ma un gesto serio che attiva nei gruppi dinamiche di ascolto attivo, scambio e fiducia. È lì che le barriere si abbassano, i ruoli perdono rigidità, le idee circolano liberamente e le relazioni si costruiscono in modo autentico.”
La loro visione parla la stessa lingua dei valori fondanti di Teddy: il senso di comunità, l’ascolto, la responsabilità personale. “Il gioco diventa strumento concreto per rafforzare il senso di appartenenza, perché permette ad ognuno di contribuire con la propria unicità e di sentirsi parte attiva di un processo comune.” Ed è proprio questo che Teddy 500 si propone di stimolare: la consapevolezza di essere “imprenditori di sé stessi” all’interno di un sistema vivo, aperto, condiviso.
Nell'approccio di Altisensi, la creatività è sempre un fatto collettivo. “Abbiamo coniato il termine Group Creativity e la possibilità di monitorarla e allenarla insieme, proprio per valorizzare l’idea che la creatività sia un processo profondamente collettivo.” Una comunità creativa, spiegano, si costruisce quando le persone si sentono “viste, accolte e libere di esprimersi senza timore di giudizio.” Per questo servono spazi sicuri, confronto paritario, accoglienza dell’errore, stimoli aperti e... tempo. Tempo per sperimentare, approfondire, sbagliare e trasformare. Ma anche — come ci hanno insegnato — per annoiarsi. Perché nella noia, quella vera, si annida il seme dell’invenzione: la libertà di creare senza un fine immediato, l’occasione di fare connessioni nuove, la possibilità di trovare risposte fuori dal già noto. Non porsi limiti, accettare l’incertezza, lasciare che le idee si presentino quando sono pronte: anche questo è allenamento creativo.

Parlano spesso di leadership non convenzionale, perché anche guidare è un atto creativo. “Un leader al giorno d’oggi non è chi possiede tutte le risposte, ma chi dimostra una spiccata capacità di ascolto e valorizzazione dei talenti e delle competenze di ciascuno.” La mente creativa, aggiungono, è capace di “cogliere nessi laddove sembra non ce ne siano, vedere la big picture, scorgere la foresta oltre gli alberi.” È così che l’organizzazione si trasforma in un ambiente di benessere e innovazione, dove ogni persona è parte di un’intelligenza plurale.
Anche il “clima aziendale” diventa cruciale nei loro percorsi: “Un’organizzazione può diventare un luogo che coltiva benessere e crescita attraverso la creatività, creando un ambiente di lavoro aperto e stimolante, dove le persone si sentono libere di usare il proprio pensiero creativo.” Valorizzare la diversità, favorire la contaminazione tra team, dare spazio alle domande più che alle risposte: sono questi, per Altisensi, gli ingredienti di una cultura capace di generare appartenenza.

E l’appartenenza, in fondo, è il cuore di tutto. “Per noi appartenere significa sentirsi riconosciuti, accettati e apprezzati per la propria autenticità dal proprio gruppo di riferimento.” Il lavoro creativo aiuta a rafforzare questa identità: “Consente di esprimere costantemente la propria unicità senza farsi travolgere dalle contraddizioni e dai cambiamenti interni ed esterni alla sfera lavorativa.” Vivere creativamente, dicono, è il modo più profondo di stare al mondo con coerenza, anche mentre tutto cambia.
In questo incontro tra Altisensi e Teddy, ciò che emerge è un orizzonte condiviso: un’idea di azienda come comunità viva, dove ogni persona può essere se stessa, imparare, contribuire. Dove la creatività è una forma di cura. Dove l’atto più rivoluzionario è ascoltare. E lasciarsi sorprendere. Ed è questa, forse, la lezione più grande: che la creatività si può allenare, anche da grandi. E che farlo insieme — in un gruppo, in un’azienda, in una comunità — è il primo passo per costruire un futuro in cui valga davvero la pena di crescere.