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Sfilare con le parole: la bellezza che ci racconta

Teddy Happening 2025: quando le parole diventano tracce

C’è stato un momento, durante il Teddy Happening 2025, in cui il tempo sembrava essersi fermato. Una passerella, un silenzio attento, sette voci che parlavano da dentro. Nessun abito da mostrare, nessun effetto speciale: a sfilare, quest’anno, sono stati i pensieri. Le emozioni. Le persone.

Il Teddy Happening è l’evento che ogni anno riunisce l’intera comunità aziendale per condividere visioni, esperienze e nuove direzioni. Un tempo dedicato alla riflessione, al racconto e alla connessione, che in questa edizione ha segnato un momento particolarmente significativo: la presentazione del nuovo purpose dell’azienda, “Vestire il mondo di bellezza e accoglienza, favorendo la realizzazione personale”. Una dichiarazione d’intenti che concretizza, con sguardo attuale e collettivo, il Sogno di Vittorio Tadei.

La bellezza è stata il primo dei tre concetti scelti per guidare questo percorso triennale: nel 2026 si esplorerà l’accoglienza, nel 2027 la realizzazione personale. Come ha sottolineato sul palco il nostro direttore della comunicazione, Matteo Lessi la bellezza è il punto di partenza naturale: è la lente attraverso cui guardiamo le persone e il mondo, il modo in cui diamo forma e valore a ciò che facciamo. Il Presidente e CEO di Teddy, Alessandro Bracci ha invece ulteriormente chiarito come il purpose non sia un gesto formale, ma una direzione concreta, che prende vita nelle relazioni, nelle scelte e nei piccoli gesti quotidiani e che prende le mosse da una vision aziendale già fortemente radicata.

Per questo abbiamo scelto di iniziare da qui. Perché la bellezza, per Teddy, non è superficie, ma profondità. Non è estetica, ma sguardo. E proprio da questa convinzione è nato il lavoro fatto durante l’Happening: un percorso condiviso, emozionale, vivo. Una riflessione corale costruita con attività di ascolto, confronto e, soprattutto, con un momento simbolico e potente, affidato a sette persone dell’azienda. Sette voci, sette modi di vedere il mondo.

Sette collaboratori hanno raccontato cos’è per loro la bellezza. Lo hanno fatto camminando davanti a una platea piena, mentre in sottofondo scorrevano le loro stesse parole. Un voiceover inciso nei giorni precedenti, un gesto semplice, ma carico di senso. “È stato un dialogo intimo con me stessa e con gli altri”, ha raccontato Imen Belkhir Chouchane, “un equilibrio tra esposizione e protezione”. Per lei, la bellezza è un equilibrio silenzioso: “quando forma, emozione e intenzione si incontrano senza forzature. Quando tutto sembra essere al posto giusto. Non parlo di perfezione, ma di verità”.

Renzo Bologna ha sentito lo stesso brivido. “Eravamo fuori dalla nostra comfort zone. Ma è stato anche un privilegio raro: condividere qualcosa di nostro e vedere gli altri commuoversi è stato indescrivibile”. Per lui, la bellezza è una sinestesia emotiva: “l’alba tra il viola e il fucsia, il profumo del caffè, il rumore della pioggia. È tutto ciò che ci attraversa e ci fa sentire vivi”.

E così, voce dopo voce, è emerso un racconto plurale, intimo, potente. Giusy Di Matteo ha parlato della bellezza nei numeri. “C’è arte anche in un bilancio di fine anno”, le disse un professore. E oggi la bellezza la ritrova nella logica che funziona, nei file ordinati, nell’armonia invisibile delle cose fatte bene. “Scrivere mi ha fatto bene. Mi ha aiutato a vedere il mio lavoro in modo più pieno, a viverlo meglio”.

Anche Chiara Gaudiello ha scoperto qualcosa di sé mentre scriveva. “Mi è sempre stato più facile esprimermi per iscritto. E la sorpresa più bella è stata scoprire che le mie parole avevano toccato anche persone che conoscevo solo di vista. È lì che ho sentito cosa significa appartenere”. Per lei la bellezza è arte che resta, che continua a parlarti anche quando hai distolto lo sguardo.

Veronica Pulga, sul palco, ha sentito qualcosa di familiare. “Di solito interpreto un personaggio. Stavolta ero io. La carezza che ho mimato era rivolta alla bellezza, e al pubblico. Perché senza pubblico non c’è spettacolo”. La sua bellezza è istintiva, irrazionale, travolgente. “La trovo in un’opera che non comprendo ma che mi commuove. Nelle luci, nelle ombre… persino nella polvere”.

Per Alice Valeri, bellezza è emozione pura. “Non si guarda. Si sente dentro. È un brivido, una scoperta, un sorriso, le fusa di un gatto, le onde del mare”. La sua voce parlava ancora del viaggio appena vissuto, ma anche della quotidianità. “All’inizio ero in ansia, mi sembrava di espormi troppo. Poi ho visto i volti dei colleghi, e mi sono sentita forte. Era come se mi vedessero davvero”.

Linda Lorenzini ha portato in scena la bellezza della vita semplice. “È il sole sulle pareti bianche di casa. È la libertà di scegliere, la mia famiglia, le mie figlie. È qui, nel modo in cui vivo ogni giorno”. Le sue parole erano radicate nel fare. In ciò che costruisce ogni giorno con i ragazzi e le ragazze in tirocinio, anche con chi ha più fragilità. “Aiutarli a entrare nel mondo del lavoro è difficile. Ma vedere che ce la fanno, che si accendono… è tutto”.

Sette voci, sette modi diversi di sentire, eppure lo stesso senso. Quella sfilata ha raccontato meglio di qualunque discorso cosa significa “vestire il mondo di bellezza”. Perché ha mostrato un’azienda che mette al centro l’interiorità, la relazione, la verità. Che lascia spazio al sentire, non solo al fare.

“Quando ci è stato presentato il purpose”, ha detto Giusy, “ho capito che quei valori non sono solo nei negozi. Sono nella formazione di un nuovo collega, nell’incontro con un team, nel modo in cui impariamo a crescere”. E Chiara ha aggiunto: “Mi sento un piccolo ingranaggio in una macchina dal cuore grande, che vuole durare nel tempo perché guidata da valori veri”.

 

Forse, davvero, bellezza è tutto ciò che ci fa sentire parte.
Parte di una storia, di un sogno, di un progetto.
E quando qualcuno ci dà lo spazio per raccontarlo, camminando a testa alta,
è lì che accade qualcosa che non si dimentica più.