C’è chi le scansa e le evita ma anche chi non può farne a meno. Rubens Bucci è uno di quest’ultimi e forse è proprio per questo che alla Teddy ha da subito sentito una certa familiarità che oggi dopo vent’anni di lavoro si è trasformata in gratitudine e senso di appartenenza.
Dentro a un container nel porto di Shanghai. A verificare la conformità di decine di migliaia di capi pronti a entrare sul mercato. Rubens Bucci, insieme ad alcuni colleghi italiani e a una squadra di collaboratori del posto, li studia, li misura, li ispeziona, li indossa come richiede la procedura del Quality Control. Però non si limita a quello. Osserva anche il lavoro degli altri e insieme a qualcun altro ne dirige lo svolgimento. Sembrerebbe un veterano ma non lo è affatto. In realtà lavora in Teddy da poco più di un mese. Ha firmato il contratto nell’aprile 2004 e come tanti ha iniziato il periodo di formazione facendo il commesso nel negozio Terranova di Pesaro. Il periodo doveva durare quaranta giorni ma si è interrotto prima perché la voglia di Rubens di andare oltre l’ordinario era troppo forte. Per caso era venuto a sapere da alcuni colleghi che si stava preparando una spedizione in Cina e così ha chiesto di partecipare. Ed eccolo là. Con una trasferta all’altro capo del mondo ha inizio la sua avventura alla Teddy. Un esordio con il botto che forse solo in un’azienda originale come quella riminese può capitare.
“Ero partito dall’Italia con una decina di persone e inizialmente dovevamo rimanere un mese per poi essere sostituiti da un’altra squadra”. Le cose però prendono una direzione inaspettata. “Alla fine bloccarono il secondo gruppo che doveva venire dall’Italia e ci proposero di rimanere. Io e qualcun altro accettammo e visto che avevo lavorato bene e mi ero dimostrato propositivo mi affidarono in parte la gestione del lavoro e il coordinamento della squadra. Io non me lo aspettavo perché era un lavoro importante: la produzione nel Far East era iniziata da poco e c’erano ancora tante criticità da migliorare e soprattutto c’erano decine di migliaia di capi da verificare”. Di fronte a tante incognite, qualcuno avrebbe potuto tirarsi indietro, rinunciare; Rubens no. Da sempre ama darsi da fare e al quieto vivere preferisce di gran lungo quel brivido fatto di paura e piacere che deriva dalle responsabilità. Da bravo figlio della Riviera ha fatto “le stagioni”, durante gli anni dell’Università ha lavorato come barman e anche in quel caso quando c’è stata l’occasione si è preso un rischio in più diventando capo barman e capo approvvigionamento. A fare i Mojito e le Caipiroska era bravo (non era ancora arrivata la golden age dei Gin Tonic) ma il compitino non gli bastava. Voleva qualcosa di più.
Dopo la trasferta in Cina, che idealmente gli vale come periodo di prova, Rubens continua a viaggiare seguendo i negozi come area manager. Con un truck carico di abiti gira avanti e indietro l’Italia, facendo spesso tappa in Sicilia. “Verificavo le strategie visual e commerciali dei nostri punti vendita anche se non avevo tutta la preparazione e le competenze. È stato un bel periodo perché ho conosciuto tanta gente ma anche difficile perché sentivo molto la lontananza della casa e della famiglia”. A ciò si aggiunge che quel lavoro gli stava un po’ stretto: non era ciò si aspettava quando era andato a bussare alla porta di Teddy. “Durante gli anni dell’Università avevo fatto piccole collaborazioni come modello per la verifica della vestibilità dei capi e avevo intuito che dietro al prodotto che io avevo sempre vissuto da consumatore c’era tutto un mondo da scoprire. Desideravo occuparmi di quello specifico ambito”. Alla fine la gavetta di quei mesi paga e nel gennaio del 2006 approda nell’ufficio ricerca del brand Terranova per diventare in breve tempo responsabile. Da lì in poi è un continuo susseguirsi di cambiamenti.
Nel 2008 passa a Calliope, poi di nuovo a Terranova, per poi passare a Rinascimento dove tutt’ora ricopre il ruolo di direzione prodotto della divisione retail. Tra analisi, budget, kpi da una parte e moda e tendenze dall’altra ha trovato il suo posto ideale dove l’anima razionale si concilia alla perfezione con quella creativa. “Alla Teddy devo molto, mi ha fatto sentire parte di una cosa importante. Se la mia abitudine ad assumermi delle responsabilità era innata e ha trovato nell’azienda un contesto perfetto per emergere c’è invece un aspetto che sono riuscito a sviluppare stando qui dentro. Io di base sono uno taciturno, poco espansivo ma in Teddy ho anche imparato a relazionarmi con le persone, a valorizzarle, a tirare fuori il meglio da loro”.